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José Saramago

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2009 13:35
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29/05/2009 13:35

"Il Quaderno" del premio Nobel
Accuse al Cavaliere nel libro Einaudi rifiuta Saramago
Il Nobel: con lui c’è da temere per la democrazia


Einaudi non pubblicherà Il quaderno,
il libro che raccoglie testi let­terari e politici scritti sul blog dallo scrittore porto­ghese José Saramago, pre­mio Nobel per la letteratura nel 1998
.
Ne dà notizia «L’Espresso» oggi in edico­la anticipando che l’editore della raccolta di saggi sarà sempre torinese, Bollati Bo­ringhieri, ma soprattutto svelando il motivo della momentanea rottura tra l’autore di Cecità e la casa dello Struzzo.
«La nuova opera — scrive Mario Porta­nova — contiene giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il proprietario».
Sarama­go è severo con Berlusconi ma anche con gli italiani, il cui sentimento «è indiffe­rente a qualsiasi considera­zione di ordine morale».
Ma «nella terra della mafia e della camorra che impor­tanza può avere il fatto pro­vato che il primo ministro sia un delinquente?».

L’au­tore del Quaderno arriva a paragonare il nostro capo del governo a «un capo ma­fioso ».

«L’Einaudi — spiega per parte sua un comunicato della casa editrice che ha pubblicato quasi tutti i ro­manzi del premio Nobel — ha deciso di non pubblicare "O caderno di Saramago" per­ché fra molte altre cose si dice che Berlusconi è un 'delinquente'. Si tratti di lui o di qualsiasi altro espo­nente politico, di qualsiasi parte o partito, l’Einaudi si ritiene libera nella critica ma rifiuta di far sua un’ac­cusa che qualsiasi giudizio condannerebbe».

Saramago, 87 anni, che in questi giorni è nella sua casa di Lanzarote, nell’arci­pelago delle Canarie, ha ac­cettato di rispondere via e-mail ad alcune nostre do­mande.
«Non pubblico la mia nuova raccolta di saggi con Einaudi — ci scrive il premio Nobel — perché in essa critico senza censure né restrizioni di alcun tipo Berlusconi, il quale è il ca­po del governo ma anche il proprietario della casa edi­trice, come di tanti altri mezzi di comunicazione in Italia.
La verità è che quella che si è creata potrebbe es­sere definita una situazione pittoresca
se il fatto che un politico accumuli tanto po­tere
non facesse temere per la qualità della democra­zia ».


Lo scrittore portoghese, che si rivelò nel 1982 con Memoriale del convento e che non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra (si iscrisse clandestinamen­te al partito comunista por­toghese nel 1969 riuscendo a evitare le galere del ditta­tore Salazar), ci scrive che nessuno gli ha mai propo­sto di cancellare i passaggi su Berlusconi: «Ho cono­sciuto la censura durante la dittatura portoghese, l’ho sofferta e combattuta e nes­suno in una situazione di apparente normalità demo­cratica mi potrebbe chiede­re di amputare una mia ope­ra ».

Facciamo notare che cer­ti giudizi ci sembrano quan­tomeno eccessivi.
Sarama­go non si scompone:
«Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi non nascono dalla mia testa ma si basa­no su informazioni giornali­stiche che ogni giorno appa­iono sulla stampa europea.
Io semplicemente osservo e concludo. Con dispiacere, naturalmente».


Insistiamo: perché arrivare a paragona­re Berlusconi a un «capo della mafia»?
Saramago ri­sponde: «Davvero le sem­bra esagerato? È sicuro?
Al­meno mi concederà che ha una mentalità mafiosa».

L’autore del Vangelo se­condo Gesù è severo anche con l’Italia:
«Quando tutte le opinioni che si diffonde­vano sulla capacità creati­va, sulla modernità e talen­to artistico erano favorevo­li, non ricordo nessuno che si lamentasse di questi giu­dizi.
Ora le cose sono cam­biate.
L’Italia non è più il Pa­ese che emoziona, ma sor­prende non certo per le mi­gliori ragioni.
Né l’Italia né coloro che amano questo Paese meritano lo spettaco­lo politico di fascinazione malata per Berlusconi».

Saramago pubblicherà il suo prossimo romanzo da Einaudi?
«Del mio nuovo romanzo, che credo vedrà la luce in autunno, non si è ancora parlato e non so do­ve porterà questa faccen­da ».

Il premio Nobel non sa che altre opere di critica a Berlusconi sono state rifiu­tate da Einaudi, dalle poe­sie politiche postume di Giovanni Raboni al Duca di Mantova di Franco Cordel­li, sino al Corpo del capo di Marco Belpoliti, che l’auto­re ha preferito pubblicare da Guanda,
però commen­ta:
«Dev’essere duro vivere quando il potere politico e quello imprenditoriale si riuniscono.
Non invidio la sorte degli italiani,
però in­fine è nella volontà degli elettori mantenere questo stato di cose o cambiarlo».


Dino Messina
29 maggio 2009

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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